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Inbound marketing – la terminologia da conoscere

Scritto da Valeria Caglioni | 21 febbraio 2017

Si sente sempre più parlare, anche tra i non addetti ai lavori, di inbound marketing e il vocabolario associato a questa metodologia può spesso generare confusione. In questo articolo troverete un dizionario dell’inbound con la spiegazione di termini riferiti a strumenti e statistiche per l’analisi delle campagne.

Inbound Marketing Offerte top of the funnel
Funnel inbound Offerte middle of the funnel
Call to action Offerte bottom of the funnel
Click through rate Tasso di conversione
Landing Page A/B test
Contenuti premium Utente del sito
Lead Lead nurturing
Visitatori unici Visite al sito
Frequenza di rimbalzo Pagine d'uscita

 

Il dizionario dell'inbound marketing

Inbound Marketing: una filosofia e strategia di marketing completa nella quale vengono creati contenuti di alto valore da pubblicare sui canali digitali per fare in modo che i clienti potenziali dell’azienda li trovino facilmente.

In questo nuovo approccio al marketing B2B, sono i prospect a cercare attivamente informazioni sul vostro settore di attività e a trovarle sul sito aziendale dove possono dimostrare interesse concreto scaricando offerte e trasformandosi così in lead qualificati. A differenza delle strategie tradizionali come le chiamate commerciali a freddo e le pubblicità in radio, tv e cartacee, in cui il messaggio promozionale è indirizzato incondizionatamente a un pubblico generico che potrebbe anche non essere affatto interessato alla proposta.

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L’inbound marketing è come un puzzle composto da molti pezzi, tra cui il SEO, i social media, l’email marketing, il blog aziendale, campagne PPC, design del sito e delle landing page, tutti elementi integrati che lavorano insieme in perfetta armonia per supportare l’incremento del traffico di qualità e la conversione in lead.

Funnel inbound: l’imbuto di inbound marketing è il percorso che il prospect segue dal primo contatto con i contenuti digitali dell’azienda fino alla conversione finale in cliente. Un potenziale cliente può fare il suo ingresso nel funnel in qualsiasi fase del buyer’s journey e seguendo la strategia inbound viene inserito in un processo che lo accompagni verso l’obiettivo di conversione in cliente.

Call to action (CTA): una call to action è un pulsante grafico o testuale che invita l’utente all’azione (il clic) per accedere ad un’offerta il cui scopo è la conversione in lead o il suo avanzamento lungo l’imbuto inbound. Ci sono molti tipi di CTA e il modo migliore per scoprire il più adatto alle pagine web dell’azienda è eseguire A/B test (ne parleremo più avanti) e ottimizzarle per ottenere un buon CTR.

Ecco un esempio di call to action nella schermata qui sotto, tratta dal sito di Fontimedia.

Click through rate (CTR): si tratta della percentuale che indica la quota di utenti che hanno cliccato la CTA o il banner rispetto al numero di visualizzazioni degli stessi. Maggiore è la CTR e migliori sono le performance della campagna; generalmente la call to action è collegata e rimanda con un link a una landing page (la voce che segue in questo dizionario).

Landing Page: letteralmente significa pagina di atterraggio, una pagina web specificamente progettata per un singolo prodotto / servizio / offerta con lo scopo di convertire il visitatore in lead o recepire ulteriori dettagli di contatto.

Creare una landing page efficace è un procedimento quasi scientifico che richiede A/B test per ottimizzare il tasso di conversione. Potete trovare le indicazioni per creare una landing page con la piattaforma HubSpot leggendo il nostro post qui.

Contenuti premium: questi materiali sono l’offerta che viene promossa nella CTA e comunicata nella landing page. Nella metodologia inbound offrire ai prospect la possibilità di scaricare un eBook, una guida pratica o un report di altissima qualità gratuitamente è l’occasione per chiedere in cambio i dati di contatto ed assistere alla conversione in lead. Sono delle vere e proprie leve per muovere i contatti all’interno del funnel.

Oltre a quelli già citati, altri formati di contenuti premium includono checklist, iscrizione a eventi o webinar, podcast, whitepaper, case study: risorse scaricabili da chi voglia approfondire un argomento dopo averne letto sul blog aziendale o sui social media.

Offerte top of the funnel (TOFU): nella parte alta dell’imbuto inbound si cerca di incrementare il traffico al sito selezionando gli utenti interessati. Per fare ciò si offrono contenuti informativi finalizzati a stimolare la curiosità del pubblico target. Per fare in modo che il visitatore si trasformi in lead e percepisca il contenuto offerto come utile e rilevante per le proprie ricerche, occorre mantenere un tono educativo e non commerciale, fino almeno all’ultimo passaggio del funnel.

Offerte middle of the funnel (MOFU): il secondo contenuto premium si pone come obiettivo l’offerta di materiali di valore più approfonditi per qualificare il lead, creare un legame di fiducia e creare un’associazione tra brand e forte autorevole di informazioni. In questa fase potrete valutare chi sia già sufficientemente maturo e chi debba continuare ad essere nutrito per prepararsi al contatto commerciale e alla firma del contratto. I visitatori che si convertono in questo punto del funnel di norma sono già da considerarsi qualificati.

Offerte bottom of the funnel (BOFU): nel momento in cui al lead viene offerto un contenuto BOFU come una consulenza o una demo gratuite, si cerca di portarlo all’ultimo passaggio della metodologia inbound e prepararlo al contatto diretto con l’azienda.

Tasso di conversione: il numero di utenti che compilano i form con i propri dati diventando lead sul totale delle visite alla pagina. Per ottimizzare questa statistica (più alta la percentuale più efficace è la landing page) occorre eseguire alcuni test e monitorarne i risultati.

A/B Test: usati per l’ottimizzazione di contenuti, CTA e design del sito gli A/B test puntano al miglioramento del tasso di conversione o della click-through rate. In questi esperimenti, due o più differenti stili di contenuti (possono essere call-to-action, landing page, banner pubblicitari o altri elementi) vengono mostrati agli utenti in modo casuale. Ciascuna variabile avrà le sue statistiche grazie alle quali potrete stabilire la componente con le performance migliori e replicarla in altre campagne.

Utente del sito: chi visita il sito aziendale; potrebbe anche essere definito prospect poiché il semplice fatto di avere scelto di cliccare e leggere i vostri contenuti denota un certo interesse nei confronti della proposta.

L’obiettivo dell’inbound marketing dopo avere portato traffico di qualità al sito è di trasformare i prospect in lead usando call to action invitanti, landing page ottimizzate e offerte di contenuti per cui valga la pena compilare un form.

Lead: definiamo lead un utente che dopo avere visitato una o più pagine del sito web decide di compilare il form con i propri dati per accedere ad un contenuto premium o per essere richiedere un contatto con l’azienda. Dopo la conversione, per il lead vengono attivati meccanismi di marketing automation con lo scopo di fornirgli sempre maggiori informazioni e accompagnarlo nel suo processo d’acquisto con i passaggi dalle diverse fasi del funnel (TOFU, MOFU e BOFU).

Lead Nurturing: attività di nutrimento dei contatti commerciali, usate per portare il lead al passaggio successivo nel funnel inbound. Queste operazioni fungono da collegamento tra le diverse fasi del ciclo d’acquisto e devono essere create su misura per ciascun livello di maturazione del contatto e il più possibile personalizzate.

I termini da conoscere nella fase di analisi delle statistiche

Visitatori unici: il totale dei visitatori unici comprende gli utenti DIVERSI che hanno visitato il sito web dell’azienda. Se ad esempio le 10 persone che hanno visitato il sito l’hanno fatto quattro volte in un mese, il totale dei visitatori unici di quel mese sarà 10 e non 40.

Questa statistica è molto utile per comprendere quanti nuovi prospect visualizzano i contenuti pubblicati online.

Visite al sito: il numero totale di visite, che si tratti di utenti nuovi o di ritorno. Nell’esempio precedente, con 10 persone che hanno visitato il sito web quattro volte ciascuna, la statistica conterà 40 visite.

Bounce rate: la frequenza di rimbalzo indica la percentuale di utenti che abbandonano il sito subito dopo essere arrivati sulla prima pagina cliccata. Il motivo di solito è che, non trovando ciò che stavano cercando o ritenendo il sito poco ottimizzato e difficile da navigare, tornano ai risultati delle ricerche. La bounce rate deve rimanere il più basso possibile, in generale, ma i benchmark cambiano a seconda del settore e delle singole nicchie, una buona media può essere considerata una percentuale inferiore al 35%, sotto il 45% è accettabile.

Exit page: l’ultima pagina visitata dall’utente prima di decidere di lasciare il sito per cercare altro o interrompere la navigazione. Non si tratta necessariamente di una statistica da tenere bassa, dipende da quanto è durata l’esperienza sul sito; tuttavia in determinate sezioni con obiettivi specifici questo dato aiuta a capire dove sia necessaria un’ottimizzazione per trattenere più a lungo il prospect.

Abbiamo cercato di offrire un’infarinatura generale sulla terminologia più frequentemente ottimizzata all’interno dell’universo inbound marketing. Ovviamente ci sono ancora molte espressioni che probabilmente troverete nelle pagine del nostro blog. A proposito, trovate il form per iscrivervi agli aggiornamenti nella colonna destra di questa pagina.

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